i restauri di Serafino Balestra

Dal 1863 la basilica di Sant’Abbondio fu oggetto di un importante intervento di restauro condotto da Serafino Balestra, insegnante di Lettere e quindi di Fisica e meccanica presso i seminari di Como, studioso di archeologia e di epigrafia ma oggi noto soprattutto per il suo impegno nell’ambito dell’educazione dei sordomuti. Aderendo alle teorie ottocentesche sul restauro e al gusto dell’epoca, il Balestra volle ripristinare l’aspetto romanico della basilica, nelle forme che era possibile ricostruire attraverso gli elementi ancora visibili e il confronto con altri edifici coevi. I restauri mirarono quindi a rimuovere anzitutto le aggiunte cinquecentesche: si tamponò la finestra in facciata, si demolirono le volte sulle navate, si abbassò il pavimento al livello della chiesa medievale, riportando alla luce le basi delle colonne. Adottando soluzioni ora prudenti, ora molto disinvolte, il sacerdote-archeologo volle colmare le lacune che erano state prodotte dagli interventi di epoca moderna: preferì quindi non ricostruire il portico antistante la basilica, conservando solo le semicolonne addossate alla facciata e segnando a punta di scalpello l’andamento dell’imposta della volta; alcune mancanze – come la tribuna interna, demolita all’inizio del Cinquecento – furono colmate sulla base delle tracce esistenti, mentre per altre integrazioni – come l’apertura di due finestre in facciata – ci si basò sul confronto con edifici contemporanei alla basilica. L’intervento più cospicuo però – e quello più discutibile – riguardò il campanile settentrionale, che, parzialmente nel 1784, era stato quasi del tutto abbattuto: il Balestra fece ricostruire integralmente la torre copiando quella superstite, nonostante non esistessero riscontri alla identità delle due strutture. Gli scavi compiuti per abbassare il pavimento della basilica al livello originario portarono alla luce elementi di grande interesse per il rinnovamento degli studi sulla storia e sulle vicende artistiche del complesso: l’indagine del piazzale antistante evidenziò tracce del Paradiso – il porticato che nel corso del XII secolo era stato addossato alla chiesa, mentre sotto il pavimento dell’edificio ottocentesco emersero i muri di fondazione della basilica paleocristiana, che permisero al Balestra di segnarne il perimetro con lastre ancora visibili sul pavimento attuale; nel corso dei lavori inoltre furono ritrovate iscrizioni paleocristiane e altomedievali e un consistente complesso di sculture di età romana, altomedievale e romanica che erano state reimpiegate nei vari interventi che nel corso dei secoli avevano modificato le strutture murarie, la decorazione e la pavimentazione dell’edificio.

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